Racconto breve selezionato per l’Antologica2 – Incipit d’Autore – Giulio Perrone Editore e Flanerì
(l'incipit evidenziato in azzurro è di Paolo di Paolo)
Non è mai troppo tardi
di Stefania Mereu
Si è appena svegliato e aprendo gli occhi dimentica di essere in ferie. Guarda la sveglia, la mette a fuoco, per un istante teme che sia tardi. Poi ricorda. Decide che farà colazione al bar. Si lava, si veste in fretta. È una giornata strana, il tempo potrebbe cambiare da un momento all'altro. Ordina il suo caffè, si siede a un tavolo appartato, da cui non distingue le parole degli altri. Solo un fittissimo, uniforme ronzio. Getta un'occhiata distratta al giornale, gli sembra di sapere già tutto. Ma quanto sono vecchie queste notizie? Sfoglia veloce, in cerca delle pagine di cronaca. La tazzina resta sospesa a mezz'aria. In una fotografia gli è sembrato di vedere un volto somigliante al suo. Lo fissa più a fondo, il cuore sembra già impazzito. Legge il titolo, sillaba per sillaba. Riguarda lui.
No! Se non posso essere…
Si porta la mano in fronte e si stringe le tempie. Con pollice preme quella a destra e, con le altre dita, quella a sinistra. Poi, si copre gli occhi, visualizzando un’oscurità indefinita. Un invadente brivido di freddo gli incide la schiena.
L’oscurità si dissolve quando riapre gli occhi e la luce brillante del mattino diventa l’unica certezza, insieme al via vai dei clienti dentro il bar. Quel brusio è familiare, come la macchina da caffè che sbuffa vapore, il tintinnio delle tazzine che si strattonano sul banco, le auto che sfrecciano poco oltre il suo tavolino posto all’esterno. La stessa mano, quella destra, tocca le guance e sente la ruvidità della barba che per la fretta non aveva rasato prima di uscire. Sono in ferie, cosa m’importa! Il cameriere interrompe quel pensiero. – Signor Ferri, qualcos’altro? – gli domanda.
– No, grazie.
– Scusi, ma stamattina non sembra in forma.
– Sì, non mi sento molto bene. Finirò il mio caffè e di leggere il giornale, poi tornerò a casa.
Di nuovo solo, lancia uno sguardo furtivo alla foto: è sempre lì. Immobile.
Due donne si siedono al tavolino accanto al suo e quasi se ne dispiace, tanto parlottano.
Io devo avere la forza di leggere questo articolo e sapere se quell’incubo sarà destinato a finire, pensa, cercando di contenere la rabbia che ha soppiantato la paura provata prima. Il titolo non offre adito a diverse interpretazioni: “Trentaquattrenne, sorpreso a rubare in un supermercato per necessità, appicca il fuoco e ne resta imprigionato. È grave.”
Raccogliendo un po’ di energia, riesce a leggere l’articolo: lui ha un altro nome e cognome. Perché, mamma? Si domanda, spingendo il giornale in avanti sul tavolino. Fa rovesciare la tazzina del poco liquido rimasto che si spande sul piattino. Il flash di quella notte... (continua)
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