mercoledì 2 novembre 2011

Il mio racconto: Quella notte, sotto il cielo di Cracovia è: FINALISTA al Premio Internazionale IoRacconto4 ed. 2011

Notizia fresca di web: http://www.ioracconto.it/memoir.html e il 26 novembre pubblicheranno i tre vincitori, ma io sono già soddisfatta così.!

Questa la copertina dell'antologia:



e questo è l'incipit del mio racconto (Sezione "Memoir"):

Quella notte, sotto il cielo di Cracovia

Stanno per arrivare anche qui, me lo sento.
L'oscurità severa della notte avvolge questa stanza. Sono orfana di padre e da allora dormo con mia madre: si sente più sicura, dice ogni volta, abbassando lo sguardo e sfregandosi le mani, quasi fosse una sua colpa.
La mia gente e la mia terra stanno subendo e io con loro.
Studio e ogni giorno per inseguire il sogno  di laurearmi corro un rischio concreto. Ma non sono sola. Lo affronto insieme ai giovani che come me sono disposti a rischiare grazie a una certa dose di speranza, che è diversa dalla mera illusione. Speranza che, quasi inconsapevolmente, intrecciamo all’incoscienza della nostra età.
Vivo ogni emozione: la paura, perché devo sempre stare attenta, la rabbia, perché subiamo, la tristezza che però è acuita, in ogni momento, dalla disperazione che leggo dentro lo sguardo di mia madre. Eppure, riesco anche a provare gioia. Infatti, mi basta anche un piccolo o insignificante motivo e io sorrido.
La mia vita, da qualche anno, scorre come un fiume lento che queste emozioni troppo spesso increspano, come un vento interiore che si alimenta.
Aspetto che riaprano gli Istituti Superiori polacchi e con essi anche la mia Università, la Iagellonica di Cracovia.
Da Adrian ho saputo che l'attrezzatura dei laboratori ora si trova in Germania. I professori rischiano la vita per farci lezione segretamente; quando ci riuniscono, anche in loro leggo la paura, quella che li agita a ogni minimo movimento o rumore. Ci accolgono, a loro e nostro rischio, nelle cantine fredde e umide, oppure nelle sacrestie, aiutati dai prelati.
L’oscurità della notte è calata da poche ore. 
E come sempre tengo la mano stretta a quella di mia madre. Sento che anche lei non sta già dormendo. Io lo so, che sta pensando a come sarà domani.
«Mamma, cosa ci succederà quando arriveranno?» le dico.
«Non lo so, Celina. Forse ci separeranno. Prepariamoci al peggio. Non vorrei mai, ma non posso nasconderti che possa succedere.» 
«Sì, lo so, mamma. E io non potrò continuare a studiare, neanche segretamente. Perché loro hanno messo in pericolo il mio sogno, la mia vita? Con questa occupazione nazista da Ateneo tra i più antichi d’Europa è diventata una delle gendarmerie del regime. Pensa che l’altro edificio lo chiamano: “Biblioteca tedesca”!»
«Ssst, Celina! Abbassa la voce! Fino ad allora tu continua a studiare e pensa a stare attenta. Io pregherò per te e anche perché questa brutta pagina della Storia finisca. Nel frattempo, come ogni giorno, cucirò per loro. Dobbiamo credere che tutto questo finirà prima o poi.»
«Tu dici, mamma?»
«Sì, ci dobbiamo credere, se no è davvero finita.»
Guardo il soffitto che crea giochi di luce e penombre. Il volto di mia madre è appena illuminato dalla candela. Osservo che tiene gli occhi chiusi, mentre mi fa quei discorsi; volutamente parla sottovoce, come ogni sera. Il tono pacato che usa mi ha dato sempre una sensazione carezzevole. Eppure, non sembra tanto convinta di ciò che ha appena detto.
«Mamma, se ci fosse stato ancora papà ci avrebbe difeso, vero?»
Ancora, con un alito lieve di voce, risponde «Non saprei, Celina.»
«Mamma,» le dico, rompendo il silenzio severo della stanza ancora una volta «ho paura. Ci prenderanno?»
«Avvicinati a me, tesoro.»
Mi stringo forte a lei. Il letto a due piazze sembra un’isola inespugnabile. Eppure loro sono là fuori, tradotti in ombre che riempiono la notte, camionette che sferragliano nel silenzio oscuro, fucili imbracciati pronti a urlare al minimo accenno di ribellione da parte nostra.
L’esile candela è ancora accesa. Guardo i miei libri che sembrano incatenati a quel tavolo stile liberty.
Ehi, sono ancora lì! Che stupida, penso.
Con un balzo lascio il letto e li nascondo nell’intercapedine della parete vicino alla porta. La mamma non si è svegliata, per fortuna.
Eh, sì! Io un giorno diventerò un medico pediatra! Questo è il mio sogno. Però… non so se sarò costretta a lasciare la Polonia.
Adrian è come un fratello per me, quello che non ho mai avuto. Ci divertivamo e passavamo i pomeriggi nella pasticceria di Gerard, suo zio. Prima di farli scomparire, in una notte gelata di gennaio, era stata data in gestione, per una cifra irrisoria, a un non ebreo. “Arianizzazione dell’economia”, così la chiamano loro!
Tempo fa, quando Gerard e la moglie Iza sono stati portati via, loro hanno preso anche  il figlioletto Igor, di sei anni. Mi sono sempre chiesta: che cosa ci faranno con un bimbo così piccolo?
Iza, nelle incursioni in pasticceria, mi riempiva le tasche dei suoi biscotti, ma allora ero felice.
Il mio quartiere diventa, ogni giorno che passa, sempre più desolato.
Soffio questi pensieri sulla fiammella della candela. Ecco che arriva un sonno che è sempre tormentato, ma alla fine crollo sfinita.
Un rumore improvviso ci sveglia. La mamma corre verso la porta d’ingresso.
Mi affaccio verso il corridoio, ma non esco dalla stanza da letto. Il cuore mi balza improvvisamente su e giù per il torace. Lascio aperto uno spiraglio e vedo due persone in uniforme. Sì, sono "loro".
Mia madre è riluttante e li ha indispettiti… ora la strattonano! Pronunciano il suo nome leggendolo da un foglio. Il nostro momento è arrivato, quasi ripetessero un copione ogni volta.
Risponde deglutendo «Si, Sono io, Lidia Piasecki.»... (continua)

9 commenti:

  1. Socia, sei mitica. Ma io, cosa ti ho sempre detto?
    Robi.

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  2. Avrei voluto leggerlo a pranzo ma impegni improvvisi me lo hanno impedito. Spero di non essere in ritardo. Bellissimo e tenerissimo blog come te. Alex.

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  3. Io me la rido sotto i baffi, che non ho,ricordi cosa ti dicevo...? vedrai che questo racconto ti darà delle soddisfazioni. Fantastico! Bacioni Beppy!

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  4. Beppy, Alex, Rob, Simon e Anonimo vi ringrazio per i bei commenti! E fate che non restino gli unici, okay? Posterò anche qualche ricetta di cucina... non dico altro! ;) Stefy

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  5. Il racconto è molto bello. Il tono, misurato e intenso, sembra essere la cifra stilistica riconoscibile dell'autrice, insieme alla capacità di rifarsi a luoghi e tempi diversi, per coglierne le sfumature e i contorni, i riferimenti storici e culturali, i momenti di passaggio e le crisi. Se ne ricava la precisa sensazione della persistenza dell'animo umano, che scorre intatto e oltrepassa gorghi e precipizi, anche quando ne resta apparentemente distrutto.

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  6. Leggere questo commento e in particolare: "cifra stilistica riconoscibile dell'autrice", oppure: "capacità di rifarsi a luoghi e tempi diversi, per coglierne le sfumature e i contorni, i riferimenti storici e culturali, i momenti di passaggio e le crisi" è stato addirittura emozionante, molto emozionante... grazie!

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